Un farmaco ci potrà guarire dal coronavirus?

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Tocilizumab. Il suo nome fa quasi più paura che la malattia stessa, eppure,eppure, a Napoli questo farmaco ha aiutato dei pazienti  in gravi condizioni a causa del Coronavirus.

Il Tocilizumab, o Atlizumab, è un anticorpo monoclonale umanizzato sviluppato dalle case farmaceutiche Hoffmann-La Roche e Chugai e posto in vendita con i nomi commerciali di Tocilizumab e RoActemra.

È un farmaco immunosoppressore, studiato soprattutto per il trattamento delle patologie autoimmuni, agendo come modulatore delle reazioni eccessive del sistema immunitario tipiche nell’artrite reumatoide, nell’artrite psoriasica, nel lupus e nella psoriasi.

Il Tocilizumab è attivo contro il recettore dell’interleuchina-6 (IL-6R). L’interleuchina-6 (IL-6), detta anche interferone beta-2, regola la fisiologia dell’infiammazione ed è una citochina che gioca un ruolo importante nella risposta immunitaria ed è implicata nella patogenesi di molte malattie, quali le malattie autoimmuni, il mieloma multiplo e il cancro della prostata.

L’idea di utilizzare il Tocilizumab per la cura del Coronavirus è venuta agli oncologi del Pascale, azienda ospedaliera specializzata nella cura dei pazienti affetti da tumori, ed è stata immediatamente trasmessa agli ospedali cinesi, che ne hanno verificato l’efficacia su una ventina di pazienti.

Uno scambio di idee, una intuizione e poi, con la somministrazione, la conferma che uno dei farmaci usati per curare alcune malattie autoimmuni possa avere effetti positivi anche nel contrastare il coronavirus. “Abbiamo utilizzato il Tocilizumab su due pazienti dell’ospedale Cotugno” hanno spiegato dal “Pascale” di Napoli. E le loro condizioni sono migliorate.

Come funziona. Nei casi gravi di infezione da Covid-19, l’insorgere di una polmonite severa (con ricorso alla terapia intensiva e il rischio di decesso) non è solo dovuta alla replicazione del virus Sars- Cov-2, ma anche a una reazione eccessiva del sistema immunitario che, in alcuni casi, diventa causa stessa di danno e di progressione dei sintomi.

Paradossalmente, insomma, il sistema immunitario complica le cose e genera quella che i medici chiamano una “tempesta di citochine”, proteine che regolano la migrazione delle cellule immunitarie verso il sito dell’infezione e uno stato infiammatorio che causa danno del tessuto a livello dell’interstizio del polmone. I medici stanno dunque tentando, in alcuni casi, di utilizzare farmaci già in commercio per malattie diverse, ma sempre legate a una risposta immunitaria eccessiva.

“Noi siamo un istituto oncologico, non trattiamo certo influenze – spiega Franco Buonaguro dell’Istituto Nazionale Tumori Ircss Fondazione Pascale di Napoli – Ma una sera di sei giorni fa, chattando con i miei colleghi, riflettevamo sui nuovi farmaci oncologici che possono causare effetti collaterali legati al sovraccarico del piccolo circolo tra cuore e polmone e generano una tempesta di una particolare citochina, detta ‘interleuchina 6’ (come nei casi gravi di Covid, ndr)”. Per far fronte a questo problema, si utilizza il Tocilizumab, un farmaco che modula le reazioni immediate ed eccessive del sistema immunitario tipiche nell’artrite reumatoide, nel lupus e nella psoriasi. “Da qui, l’intuizione che poteva forse abbassare il livello delle interleuchina 6 nei casi gravi di Covid”.

Il farmaco in questione era già stato utilizzato dai colleghi cinesi la cui esperienza ci è servita per escludere che potesse creare effetti collaterali imprevisti. “Dai colleghi cinesi, abbiamo scoperto che lo stavano già usando”, spiega Buonaguro. Su 21 pazienti cinesi, ha avuto successo senza effetti collaterali problematici. “Lo abbiamo subito usato su due pazienti dell’ospedale Cotugno di Napoli. Uno grave e già intubato, l’altro in procinto di esserlo. Nel giro di 24 ore, in entrambi i pazienti il livello delle interleuchine si è abbassato. In 48 ore il primo paziente è stato ‘estubato’, mentre il secondo non ha più avuto necessità di essere intubato. Si tratta di approcci possibili perché questi farmaci, sebbene commercializzati per altre malattie, hanno superato tutte le prove cliniche per la sicurezza”.

Questa incredibile scoperta, fatta in occasione di questo drammatico momento per il nostro paese è l’occasione per riflettere circa l’argomento che da tempo è oggetto di nostro interesse ossia il sistema immunitario e le patologie autoimmuni e la loro cura.

Anzitutto sarebbe interessante confrontarsi con immunologi ed esperti per capire se il paziente che già è affetto da problemi autoimmuni sia più o meno vulnerabile di fronte al Covid19. Non ho ancora letto niente che possa dare delle risposte univoche al riguardo. Certamente ogni caso è diverso dall’altro e ogni quadro clinico è peculiare e risponde in modo a se stante.

Volendo fare delle ipotesi ho pensato che, se una persona ha problemi autoimmuni e sta assumendo cortisone, antibiotici oppure altri farmaci immunosopressori, potrebbe essere più esposto al contagio. Poi però ho cercato di chiedermi come potrebbe reagire di fronte al virus un paziente già trattato proprio con questo farmaco che viene usato per aiutare la polmonite da Covid19. Il suo utilizzo preventivo potrebbe proteggere il paziente oppure addirittura renderlo più soggetto alle complicanze?

Il farmaco aiuta solo nella fase avanzata della malattia con polmonite grave oppure può evitare che insorga la polmonite?

Mi sono anche chiesta se il fatto di essere una persona con il sistema immunitario già iperespresso quindi più attivo del normale ma non trattato con farmaci immunosoppressori possa essere uno stato negativo che fa contrarre il virus più facilmente oppure addirittura esserne immune.

Se il coronavirus scatena questa tempesta di citochine ma i pazienti con autoimmunità hanno queste sostanze in circolo potrebbero esse già fare da scudo contro la malattia? In parole più semplici la malattia autoimmune in questo caso sarebbe, anziché, un problema la soluzione per non ammalarsi di Covid19, è solo una ipotesi che spero presto trovi risposta da parte di esperti.

Ho anche riflettuto su un altro inquietante aspetto che si può dedurre da questa vicenda. Se per trattare il coronavirus viene utilizzato questo farmaco in una unica soluzione, è corretto farlo per lunghi periodi, per mesi e addirittura anni, in pazienti con autoimmunità  oppure  è una misura troppo drastica e violenta che può col tempo fare insorgere altri gravi problemi?

Intanto non va assolutamente abbassata la guardia e va continuato tutto il protocollo che molte persone fanno per trattare problemi del sistema immunitario a base di antiossidanti e sostanze che aiutano sicuramente ad affrontare ogni patogeno in modo più responsivo e con le difese ben attrezzate.

Ogni buona notizia, quale la possibilità di utilizzare questo  farmaco, che pare essere di aiuto effettivo, deve ESSERE SOLO UNA SPERANZA E NON deve essere assolutamente concepito come  UN INVITO AD ABBASSARE la guardia.

Quindi immuni o autoimmuni state lo stesso A CASA.

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