Infanzia : fotografia di tutta la nostra vita

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Quanto la nostra infanzia ponga le basi per tutta la nostra vita futura lo ripetono da molto tempo psicologi, psichiatri e terapeuti ma quanto questo vissuto sia direttamente causale per tutto ciò che accadrà in seguito non è così ben sottolineato, soprattutto per quanto riguarda la sua influenza sulla salute fisica oltre che mentale ed emotiva.

Oggi, guardando alcune foto di me da bambina, mi è apparso ancora più chiaro come già lì fosse scritto tutto quello che poi sarebbe accaduto, in bene ed in male negli anni a venire.

luciaNegli occhi di me bambina si leggeva già tutto ma solo ora, dopo tanti anni e dopo un percorso interiore iniziato e mai concluso, riesco a vederlo e rendermene conto.

C’è chi ha la fortuna di essere stato cresciuto da genitori supportivi, sereni e affettuosi e chi invece doveva ringraziare perché trovava la cena pronta e la merenda, chi fin da tenerissima età si è sentito investito di responsabilità più grandi di lui come il supporto psicologico a genitori depressi o ansiosi e la cura di un fratellino più piccolo.

Un bambino che non si è sentito accolto e che non ha potuto essere spensierato quando era il momento giusto, sarà un adulto facilmente pieno di fragilità e vuoti e nessuno potrà colmarli se non la consapevolezza e il lavoro continuo su se stessi.

Commentando questo mio post condiviso nel gruppo facebook “Di malattia autoimmune si può guarire” abbiamo condiviso le nostre      esperienze e in molti hanno confermato  esperienze  molto  simili nell’infanzia:

N.M.P: …”A 6 anni la mia orribile maestra mi cacciò dall’aula perché avevo fatto la pipì nella sedia, presumo dalla paura, mia madre venne a prendermi ma non mi comprese né difese e ne’ confortò… Oggi che ho 60 anni si stanno verificando “rigetti” da parte di amici e parenti che non hanno un senso apparente… MA che da ieri comprendo con occhi e cuore diversi…”

C.C … “E poi se questi genitori non ti tengono neanche, visto che ci sono già 4 figli da sfamare.. La prima, femmina era rimasta, insieme all’ultimo che era anche piccolo. Il secondo e il terzo, che sarebbe il mio marito, sono stati per qualche anno cresciuti da una zia. Me lo ha raccontato una sola volta in un momento di rabbia e di insicurezza con sé stesso, non avendo ricevuto affetto è stato per lui un grosso problema anche nel dare affetto..”

S.G. “Quando leggo certi post, come questo, mi viene un colpo al cuore perché è come se chi li scrive stesse parlando con la mia bocca… noto che molte delle persone con queste patologie hanno vuoti interiori e problemi psicologici. Questa è una cosa triste ma al tempo stesso mi infonde speranza perché sull’aspetto psicologico ci si può lavorare.”
E-B.“Io mi sono sempre sentita orfana. Io molto profonda e sensibile….con due genitori duri e per niente accoglienti.”

A-I“Più vivevo la vita da mamma e più ho capito che l infanzia è il fulcro di tutta l esistenza. Ed ho capito la mia misera infanzia e quanto volessi rendere diversa quella dei miei figli. Ci si prova si spera.”

S.C. “Reduce da una settimana dell’ennesimo ricovero (sono 17anni che vado avanti) solo ultimamente sto prendendo consapevolezza rivivendo le cause che hanno alimentato la malattia, tutto si ricollega ad un amore negato, che mi sono portata dietro per anni, difficile è riuscire a capire come uscirne.”
A.Z. Anche io guardo le foto di me bambina e capisco che è lì il nodo.”

Concludo citando Umberto Galimberti:

“I genitori sbagliano, ma ci sono una o due cose che possono tenere in mente per ridurre i danni. La prima e’ la necessita di accettare: accettare il figlio per quello che è. Un’accettazione non proclamata, interna. “Volo ut sis”, diceva Sant’Agostino, voglio che tu sia quello che sei, non quello che io prevedo tu debba essere.

Poi, occorre che i genitori riconoscano il valore che i giovani pure hanno, perché prima di distruggersi qualche spunto positivo ce l’hanno e questi spunti vanno rinforzati.
Infine, bisogna tenere aperta la comunicazione qualunque cosa accada, la comunicazione intesa come interessamento vero di quello che il proprio figlio sta facendo e cercando di comunicare.”

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